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Di cosa parliamo quando parliamo di contratto

 

 Di cosa parliamo quando parliamo di contratto?

 

 

 

Probabilmente è arrivato il momento di farci una domanda, parafrasando Raymond Carver: Di cosa parliamo quando parliamo di contratto?

La dialettica sul rinnovo del CCNL della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria richiede la condivisione di alcune principi basilari. 

E’ venuta alla luce questa necessità dopo che avendo incautamente usato il termine “contratto ponte” in un comunicato stampa - che era intenzionalmente provocatorio nei confronti della parte datoriale per stimolare l’apertura dei negoziati - alcuni hanno focalizzato la loro attenzione sul “ponte” e hanno trascurato tutto il restante testo del comunicato, sintetico per forza di cose.

Il termine “contratto ponte” può effettivamente significare tutto e niente, quindi spaventare e indurre ad un irrigidimento precauzionale.

L’unica reazione interessata, da parte dell’assessore lombardo Garavaglia, è stata guardata con sospetto perché Garavaglia è in campagna elettorale.

Guardare il dito anziché la Luna può comunque impedire di adottare azioni utili ed opportune.

Allora, per dare un contributo alla causa sindacale, preciso meglio la proposta di FVM.

Tutti sanno che i contratti nazionali si compongono di due parti: la parte economica e la parte normativa.

Dall’ultimo contratto sono passati 8 anni, durante i quali il lavoro dei dirigenti si è svolto secondo le regole dei CCNL 2009 e precedenti. 

Ciò per dire che mettere mano nel 2018 ad un contratto normativo per gli anni sino al 2018 non sarebbe in grado di modificare “ora per allora” ciò che è stato, quindi nessun dirigente potrà attendersi benefici sul vissuto lavorativo, mentre occorre incassare almeno gli aumenti stipendiali previsti dalle leggi economiche e gli arretrati.

Dopo 8 anni di assenza della contrattazione è assolutamente vero che si senta il bisogno e l’urgenza di una “revisione normativa” sulle regole del lavoro, ma dobbiamo chiederci se questo potrà avere un senso e una efficacia nel tempo senza aver prima stabilito alcuni parametri che devono essere equilibrati con il contatto.

Dobbiamo anche avere consapevolezza che la nuova normativa contrattuale deve tener conto o correggere stratificazioni normative che hanno generato una “babele impressionante” resa se possibile più complicata dell’aggregazione della Dirigenza sanitaria nel CCNL 2019-2021 unificato con la dirigenza medica e veterinaria. 

Primo tra tutti gli aspetti da mettere in chiaro è il fabbisogno di personale necessario in base al quale definire gli organici, misurare e compensare le carenze che si sono determinate col blocco del turn over e i criteri contrattuali che devono essere finanziati - con risorse fresche - per retribuire il lavoro che va a coprire i fabbisogni  rimanenti in assenza di nuove assunzioni. Assunzioni che le Aziende e le Regioni non avviano per generare e occultare risparmi.

In sintesi: il contratto 2018 non può migliorare le condizioni di lavoro del passato e può solo aver una funzione economica di distribuzione delle risorse generate dai modesti aumenti sulle masse salariali e sui fondi che, a parere nostro, dopo 8 anni di blocco contrattuale voluto da Stato e Regioni, devono andare ad incrementare le voci fisse e pensionabili degli stipendi (tabellare, indennità di specificità medica, posizione parte fissa). Nulla di quel modesto tesoretto può essere lasciato ad una aleatoria contrattazione aziendale e deve essere distribuito al più presto ai lavoratori.

Altra cosa è avviare immediatamente dopo la chiusura dei conti al 2018 la negoziazione del CCNL 2019/2021, per la parte economica e normativa pur complicata,  con le risorse messe a disposizione dalla legge di bilancio 2018, il recupero della RIA, e il finanziamento messo a disposizione dalle Regioni che, se vorranno esercitare una azione contrattuale e uscire dal comodo piagnisteo con l’Economia, potranno consentire qualche ulteriore incremento stipendiale.

Il vero nocciolo della “questione contratto” sta nella parte normativa alla quale si deve chiedere di risolvere le innumerevoli carenze e contraddizioni emerse in questa lunga vacanza contrattuale.

Ma qui sorge immediatamente una dicotomia: tutte le innovazioni che da parte datoriale si volessero introdurre non possono entrare in gioco a costo zero per il datore di lavoro. Soprattutto non possono essere finanziate da risorse endo contrattuali.

Ovvero, volendo essere più espliciti: le Regioni non pensino di usare le risorse destinate al contratto per pagare le flessibilità organizzative e il maggior disagio dei dirigenti determinato dal blocco del turn over.

Quindi, spostare la negoziazione della parte normativa immediatamente a valle della chiusura di un contratto meramente economico di recupero degli 8 anni di arretrati non ha altro scopo che “mettere in sicurezza” le risorse oggi tangibili (pochi, benedetti e subito).

Sembrerà una pratica “vetero sindacale” chiedere di spalmare oggi tutte le risorse disponibili sulle voci pensionabili degli stipendi e sottraendole all’alea di allocazioni secondarie frutto di negoziazioni di secondo livello (Aziendali), ma diversamente cosa si propone di fare? C’è qualcuno che può indicare - e garantire - altre risorse in arrivo?

Negoziare il CCNL 2019-2021 immediatamente dopo aver incassato la parte economica sino a tutto il 2018 ci consentirà  anche di partire da una massa salariale maggiore e di pretendere di avere maggiori risorse per rispondere alla rimodulazione dei fondi per le posizioni, per il risultato e per il disagio nel triennio successivo.

In assenza di risorse fresche (ulteriori rispetto alle poche ma certe della legge di bilancio 2018, ovvero i 30 milioni per il 2019 e quelli per gli anni seguenti) siamo autorizzati a pretendere maggiori vincoli normativi su orario di lavoro, guardie, reperibilità e pretendere che dai fondi del risultato si spostino risorse per le indennità delle posizioni, ben più significative in termini previdenziali. 

Infine, occorre che l’Aran ci convochi al più presto. 

Il rimpallo di responsabilità tra Governo e Regioni non ha più alcun senso, ora la parola deve passare all’Aran che deve aprire i negoziati anche per la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria.

Ciò permetterebbe di evitare al Paese uno sciopero nazionale proclamato, in un contesto che andrebbe a sancire un insuccesso delle istituzioni, della loro politica e di quella di tutte le coalizioni in lizza.

Sarebbe l’unico contratto che, dopo 8 anni, nemmeno si apre prima delle elezioni.

Dott. Aldo Grasselli

Presidente FVM
Federazione Veterinari-Medici-Farmacisti e Dirigenti Sanitari

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Pubblicato il 24/01/2018, nella categoria: Informative ed attivita' sindacale